La testimonianza di Chiara : ” Come rinascere da una relazione maltrattante”

Il volto nascosto del maltrattamento

Conosco Chiara e Filippo ( il suo ex compagno) da molti anni. Dall’ esterno apparivano come una coppia affiatata, con una chimica che si percepiva chiaramente nonostante la differenza di età. Erano belli insieme.
Eppure sapevo che era una coppia problematica, che litigava parecchio e che si erano lasciati diverse volte  salvo poi tornare insieme come se nulla fosse.
Chiara, talvolta accennava a comportamenti svalutanti del suo compagno,  ma nessuno le credeva. Come molte uomini manipolatori, Filippo si mostrava in gruppo in modo piacevole, come un compagno premuroso e gentile, facendo sembrare Chiara come una donna esigente, e insicura, che chissà che cosa voleva.
Solo dopo molti anni di conoscenza Chiara si è aperta con me, raccontandomi una vita di coppia fatta di maltrattamenti psicologici e, purtroppo anche fisici, che  dall’ esterno non avrei mai potuto immaginare.
A conferma che le donne maltrattate appartengono a tutte le classi sociali e che possono essere vittime di violenza di coppia anche donne laureate, realizzate professionalmente ed economicamente indipendenti come Chiara ( di cui racconto la storia con il suo consenso e con  le sue parole.)
Mi permetto solo di fare qualche commento, avendo assistito alla trasformazione di Chiara, che è riuscita finalmente a rinascere psicologicamente dopo una relazione tossica che durava ben da 25 anni, di cui  almeno 20 di convivenza.

Da vittima a protagonista della sua vita
All’inizio Chiara, come avviene in molte relazioni tossiche, tendeva a giustificare i comportamenti del suo compagno alla luce dei suoi traumi infantili e della sua dipendenza dall’alcool. Il problema principale è che non riusciva a percepirsi come una donna maltrattata ma si vedeva come una compagna innamorata di un uomo buono ma problematico, bisognoso pertanto di essere compreso e accolto.
Sembrava pensare che la vera natura di Filippo fosse quella buona, dolce che aveva manifestato soprattutto  all’inizio e che emergeva ancora in tanti momenti della relazione.
Minimizzava i comportamenti aggressivi e svalutanti di lui, non potendo capacitarsi come un uomo così buono  e innamorato potesse trasformarsi in un mostro, così all’improvviso.
Era convinta che perdonare i suoi abusi fosse un atto d’amore. Dopotutto non è forse un gesto incondizionato amare senza aspettarsi nulla in cambio?
La relazione era costellata da alti e bassi, da periodi di grande intesa che si alternavano a crisi e separazioni in cui si  dicevano che stavolta era davvero finita salvo tornare insieme dopo qualche settimana.
Personalmente ero convinta che Chiara non avrebbe mai trovato la forza di lasciarlo, prima ancora per  un discorso di dipendenza affettiva, perchè lasciare un uomo violento comporta  correre dei rischi e forse persino rischiare la vita.
Invece, Chiara è riuscita ad interrompere definitivamente una convivenza tossica e a riprendere in mano la sua esistenza.  Fondamentale nel percorso di rinascita di Chiara è stato il supporto dell’ Associazione Cerchi d’ Acqua.

Dal sogno d’amore all’incubo di una relazione violenta
Come quasi tutte le relazioni tossiche, la relazione tra Chiara e Filippo è iniziata in modo romantico e molto coinvolgente, un vero colpo di fulmine.
Chiara racconta: “L’inizio con Filippo è stato travolgente ,ero in un locale, mi sono girata e mi è apparso come un angelo. Aveva dei lineamenti delicati e allo stesso tempo qualcosa di ribelle, mi ballava davanti con aria compiaciuta. L ‘attrazione è stata immediata e reciproca….come una magia che ci ha rapiti. Eravamo bellissimi, senza pensieri, pieni di voglia di vivere.
Io avevo un gran bisogno d’amore, non di sesso, ma di abbracci, di essere scelta, piaciuta, cercata, insomma amata anche se per un breve tempo. La fame ti fa mangiare anche le briciole…forse poi trovi anche il pane.
Gli avrei dato circa 29 anni, io ero sui 40, non pensavo a progetti di vita, mi vivevo il momento, dopo il fallimento del mio matrimonio, volevo vivere un tempo che mi era mancato, quello dei miei 20 anni.
Quando ho conosciuto Filippo, quella sera ,volevo resuscitare da un matrimonio pieno di doppiezze ben nascoste e di insospettabili tradimenti”.
Così racconta Chiara la cui relazione con Filippo, iniziata in modo leggero per la differenza di età, si trasforma invece in un rapporto duraturo in cui tutto sembra andare molto bene. Fino al giorno in cui Chiara, dopo tre anni di frequentazione comincia ad accorgersi che Filippo beve troppo.

  • Il primo schiaffo
    Mi sono accorta che Filippo beveva troppo dopo quasi tre anni ,ci frequentavamo solo il sabato sera e ci sentivamo in settimana al telefono. Non conoscevo i problemi di chi beve troppo ( ..) racconta Chiara.  Una sera lei si confronta con Filippo su questo argomento con la delicatezza e il tatto che la contraddistinguono ma lui  per la prima volta si arrabbia moltissimo. E Chiara racconta: “Cercavo di abbracciarlo, invece lui mi da una sberla fino a farmi cadere per terra. Mi fischiava l’orecchio, sono rimasta disorientata, non mi era mai successo.
    Ho pensato che fosse una reazione incontrollata, sfuggita di mano, non sapevo come reagire…amore e violenza non riuscivano a trovare una logica accettabile.
    Oggi capisco che non vedevo il mio problema, sarebbe stato ancor più doloroso ammettere l’esistenza del male, della solitudine, dell’abbandono, dell’incomunicabilità in cui quella che mi sembrava una  relazione perfetta.
    Filippo era la mia zattere di salvataggio.
    Comunque, non ero in condizione di reggere saggiamente la situazione: non potevo e non volevo sopportare di avere fallito anche con Filippo, quando stavo ancora elaborando la separazione da mio marito.

Perchè si torna sempre con il partner maltrattante?
Chiara sente di non avere le risorse psicologiche per affrontare un altro cambiamento nella sua vita, dopo la fine dolorosa e traumatica del matrimonio e si lega sempre di più a Filippo, con cui va a convivere.
Chiara racconta:Nella vita di convivenza con Filippo le violenze fisiche sono state numericamente poche, sempre troppe si capisce!!!, mentre quelle verbali, di disprezzo, sminuenti, umilianti, moltissime, quasi quotidiane, sottili come aghi per il diabete.
Si sopporta la ripetizione del pungiglione perché alternata a momenti tranquilli
di condivisione, piacevoli ,di pace famigliare.
(..) Non sopporto quando si parla della sindrome della crocerossina.
Nel dramma mi ci sono trovata, all’inizio Filippo mi offriva tutto quello che avrei voluto nella vita. Un uomo perfetto, inizialmente la vita scivolava via come l’olio, con momenti di autentica felicità….ma poi regolarmente arrivava la bastonata senza una causa logica.
La paura iniziava a sostituire la mia spontanea disponibilità ad amare: mi accorgevo che facevo e parlavo in modo studiato per non provocare litigi e mi arrangiavo a risolvere i miei problemi da sola ,senza nemmeno parlagliene.
Condividevo solo i cosiddetti momenti di svago ma spesso dovevo isolarmi in camera aspettando che si sgonfiasse…e lui mi inseguiva e mi accusava.
Io lasciavo che si sfogasse, via via iniziavo ad avere paura che esplodesse la sua  rabbia. Non rispondevo ad alcuna provocazione, speravo che cominciasse a capire che non aveva bisogno di combattere, che poteva spiegare quello che sentiva….invece sembrava sordo. non aveva alcuna empatia.
A volte mi faceva persino pena, come quando l’ho trovato ubriaco per strada che non sapeva come tornare a casa.
Insomma vivevo un cocktail di emozioni (paura, amore, pena, perdono, manipolazioni, fragilità, traumi).
Un caos in cui lui non parlava non si esprimeva, non comunicava ma esplodeva e basta.

Urla in privato e sorrisi in pubblico
Tutto avveniva solo in casa, fuori si comportava normalmente persino come un agnello timido e mal compreso.
Io spesso  di fronte agli altri passavo come una strega cattiva, impressione rafforzata dal fatto che sono una donna poco conformista  (confermo, eravamo convinti che  esagerasse.  Le vittime del maltrattamento passano per quelle problematiche e isteriche).

Come rinascere da una relazione maltrattante
La separazione è un processo e può richiedere molto tempo. Dall’ esterno le dinamiche di coppia sembravano ripetersi in modo ciclico ma ad ogni rottura e successiva riconciliazione Chiara si distaccava sempre più dal suo compagno. E non solo ,emotivamente, ma cominciava finalmente a mettergli dei limiti e dei confini, ad avere degli spazi  solo suoi. Chiara confida: “Piano piano lo scontro fra violenza e amore ,incompatibili come l’acqua e il fuoco, mi hanno costretta ad orientare la mia affettività altrove impegnandomi nelle mie ricerche e nel mio lavoro. Ho riscoperto le mie passioni fuori dalla coppia.”

Conoscere la patologia  del partner è il primo passo per uscire da una relazione maltrattante
Chiara comincia a studiare avidamente il narcisismo e intraprende una terapia psicologica con una psicologa dell’ Associazione Cerchi d’ Acqua.
Queste esperienze le danno una chiave di lettura completamente diversa della sua situazione e grazie alla maggiore consapevolezza di sè, Chiara comprende anche il suo contributo involontario alle dinamiche disfunzionali di coppia: “Mi accorgevo che si stava ripetendo simile la situazione vissuta col marito. Forse era proprio la mia disponibilità che permetteva loro di allargarsi fino alla violenza ?.Avevo maturato con l’aiuto della psicologa che mi seguiva e ;grazie ad alcune conferenze su internet, che Filippo era affetto da gravi disturbi : paranoia, alcoolismo, narcisismo, temperamento violento”. Chiara inizia a leggere in modo diverso le dinamiche di coppia e i comportamenti abusanti di Filippo: ” Prima erano stranezze e poi ho iniziato a
chiamarle manipolazioni, cavolo….non erano solo reazioni incontrollate ma CALCOLI per ottenere quello che voleva, a volte per stare fuori casa la notte.
Infine Chiara rinuncia alla speranza che Filippo possa cambiare un giorno: “Ci ho messo anni a rivedere il mio amore, a sistemare il mio bisogno di amare, i fallimenti precedenti, la paura della solitudine l’accettare di essere una donna maltrattata. Non credo che si smetta mai di dare un contenitore al male, si soffre finché si capisce che l’altro ha deciso di restare nel proprio male.
Poi quando è inutile finisce, così ho deciso che la mano che avrebbe potuto prendere non teneva più, che dovesse farsi le sue esperienze e decidere da solo. Ho cambiato la serratura di casa e mi sono rassegnata anche a perdere la vita.

Come lasciare un compagno violento
Fondamentale è il supporto di un centro specializzato nella violenza che supporti in questa fase così delicata e pericolosa. Chiara sa che lasciare Filippo significa correre il rischio di essere ammazzata : ” Dopo  tante analisi avevo pensato che Filippo prima di ammazzarmi avrebbe cercato di ammansirmi, avremmo giocato una partita a scacchi. E così la partita è continuata ma giocando i pezzi grossi: ho cambiato le chiavi di casa e profittando del lookdown. ” Chiara decide di abituare Filippo alla separazione per gradi, non convivono più ma si vedono occasionalmente.
” Sono rimasta a casa da sola mentre lui si trovava lontano da sua madre senza
potersi muovere e così è stato per mesi, tranne alcuni periodi in cui veniva da me a
vedere telefilm mentre io lavoravo on line:
L’appoggio del nostro rapporto era sempre più ristretto ormai si sosteneva sull’unghia del piede ma lui giocava la sua partita certo che l’avrei perdonato come sempre (non era perdono cercavo solo di trovare le forze per lasciarlo).
La frequenza degli incontri diminuisce fino a cessare del tutto così come messaggi e telefonate.
“Mi sono impegnata su me stessa, sviluppando le attività creative e distraendomi dalle ondate di dolore, distraendo la mente con immagini surreali come l’elefante rosa che nuota e ripensando ai natali passati da sola.

COSA CONSIGLIERESTI A  CHI E’ IN UNA SITUAZIONE COME LA TUA?
Prendere consapevolezza delle manipolazioni, dell’inganno che altri mettono in campo in modo narcisistico, sviluppare delle proprie passioni, elaborare con un aiuto e i propri
traumi,riconoscere la paura e il proprio diritto ad esistere e al rispetto.
Il diritto ad una vita in cui si comunica senza temere di essere giudicati, accusati, umiliati. Prudenza prima di abbandonarsi a partners che offrono tutto e che sembrano perfetti. Non so quale sia la strada giusta per trovare l’amore di una vita.ma se non si ama se stessi non si può amare il prossimo correttamente. L’abnegazione non fa bene a nessuno neppure a chi ne profitta

 

 

Il presente articolo ha una valenza di carattere informativo.

Purtroppo, a causa dell'elevato numero di commenti e di lettere che ricevo tutti i giorni, non riesco a rispondere a tutti (come vorrei) e a farlo in tempi brevi. Inoltre le risposte ai commenti sono molto sintetiche, considerata anche la natura pubblica del sito web.

Se desideri avere un aiuto urgente e mirato riguardo le tematiche affrontate ti consiglio di richiedere una Consulenza Psicologica.
Per maggiori informazioni clicca qui.

Copyright © 2023. All Rights Reserved.

By | 2023-04-12T13:34:47+00:00 12 Aprile 2023|Amore e disamore|0 Comments

Leave A Comment