Lo stalking al femminile

Donne che fanno stalking ad altre donne

Quando si parla di stalking, tutti pensano ad un uomo che perseguita un ex compagna, incapace di accettare la fine del rapporto.
Meno conosciuto è il fenomeno inverso ovvero lo stalking di una donna diretto ad un uomo o  ad un altra donna.
Non sempre vittima delle molestie è un ex amante, a volte può trattarsi di qualcuno con cui la persecutrice ha una rapporto professionale o di amicizia : una vicina di casa, una collega, il proprio medico curante.
In rari casi la vittima può essere un conoscente o una persona con cui la stalker non ha un rapporto diretto ( per esempio la compagna dell’uomo di cui è innamorata).

Anche se lo “stalking in rosa” sfocia  raramente nella violenza fisica ( sebbene  questa eventualità non sia da escludere)  le conseguenze sulla vita della vittima possono essere ugualmente rovinose.
La stalker donna  non cercherà di distruggere la sua vittima fisicamente come la controparte maschile ma si vendicherà in modi più indiretti, colpendo l’altro in ciò che ha di più caro: nel rapporto di coppia, nelle amicizie, sul lavoro o infangando la sua reputazione.
I mezzi usati sono la calunnia, la diffamazione e il pettegolezzo ma nei casi più gravi si può arrivare al ricatto, alla denuncia e persino al  tentativo di sucidio e  all’ aggressione fisica.
Conosco un uomo, la cui ex fidanzata per riaverlo indietro era arrivata al punto di simulare una gravidanza e di raccontare agli amici comuni di essere stata lasciata mentre era incinta.
Quando anche questo stratagemma era fallito, lei disperata e furiosa per l’abbandono, aveva cercato di denunciarlo per violenza carnale e aveva messo in giro la voce di essere stata stuprata da lui (  quando era lei ,che tentativo di riconquistarlo, tentava di sedurlo in tutti  i modi, offrendosi sessualmente in modo molto esplicito).

La psicologia della stalker

Il profilo psicologico della stalker donna presenta moltissime analogie con quello dello stalker uomo.
Sebbene le ricerche in quest’ambito non abbiano individuato un profilo di personalità univoco, molte stalker  potrebbero presentare i criteri  per la  diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità.
Le persone con questo disturbo hanno un senso di sè molto debole e possono sentire di esistere solo in una relazione simbiotica con una persona che le supporta costantemente.
E’ qualcosa di diverso dal ” non posso vivere senza di te” che gli innamorati si dicono è più un ” senza di te io non sono niente”.
La persona di riferimento affettivo diventa, per l’individuo con questa problematica, assolutamente vitale, di conseguenza, di fronte alla possibilità di un abbandono, la persecutrice  si sente completamente persa e avverte una sensazione di annientamento e di angoscia profonda.
Nel caso dello stalking al femminile, la stalker cerca di stabilire con la vittima una relazione non necessariamente romantica ma anche amicale  o filiale  per risolvere un dilemma centrale nella sua vita: la solitudine e la mancanza di una relazione stabile con un altra persona.
Se questa relazione si rompe la stalker mette in atto una serie di comportamenti che vanno dalle minacce al tentativo di suicidio per intimare all’ altro di non separarsi.
Lo scopo di questi comportamenti è quello di una riconciliazione, di una vendetta o di entrambe le cose.

Come riconoscere una potenziale stalker

Solitamente la stalker donna, come la sua controparte maschile, si presenta in modo  da accattivarsi la simpatia degli altri, mascherando  la sua fragilità sotto la patina della dolcezza o della cordialità.
Nessuno potrebbe credere che quella ragazza che sembra così timida e educata o  la collega simpatica e piena di energia possa essere capace di comportamenti persecutori.
Il primo indizio che si ha a che fare con una persona con un disturbo di personalità è la sensazione di sentirsi  esausti e  “emotivamente svuotati” dopo aver trascorso del tempo insieme.
Un altro aspetto che deve far pensare ad un possibile disturbo di personalità è la tendenza a percepire dei commenti casuali come delle critiche malevole che suscitano una reazione eccessiva, inadeguata al contesto  e fortemente aggressiva.
In preda all’ira e incapace di controllarsi, la persona con questa problematica può reagire alla presunta offesa mandando decine e decine di messaggi di insulti o tempestando l’interlocutore di telefonate accusatorie in cui ripete ossessivamente le stesse cose.
La caratteristica di questi episodi di rabbia è che sono difficilmente contenibili: qualsiasi tentativo di calmare o di far ragionare sembra sortire l’ effetto opposto, generando ulteriore agitazione.

Come si sviluppa lo stalking

La relazione tra una stalker e la sua vittima nasce spesso come una conoscenza casuale che diventa nel giro di breve tempo un rapporto molto stretto.
La persecutrice tende ad idealizzare la relazione con la sua vittima, percependola come più importante e significativa di quanto non sia: per esempio, considera come la sua migliore amica una ragazza che conosce da poche settimane.
In breve tempo la stalker  stabilisce con la sua vittima un rapporto simbiotico, monopolizzando completamente il suo tempo libero e pretendendo una disponibilità  senza limiti.
La persecutrice  telefona 14 o 15 volte al giorno, anche negli orari più impensati ( per esempio, in piena notte), si trattiene al telefono per ore intere o piomba in casa nei momenti meno opportuni senza darsi il preavviso di avvisare.
La relazione con la vittima è caratterizzata dall’incapacità di accettare il limite: la stalker pretende che l’ altro/a sia costantemente a sua disposizione e si arrabbia moltissimo se questo non avviene  e  la vittima mostra un qualche grado di indipendenza personale.
Qualsiasi tentativo di mantenere una giusta distanza nella relazione come declinare un invito o non rispondere all’ennesima telefonata della giornata viene letto dalla stalker come una minaccia d’abbandono che scatena crisi di ansia e rabbia.
Quando la vittima, esasperata da  una situazione ormai insostenibile, decide di porre fine alla relazione, inizia lo stalking vero e proprio.
Dal punto di vista psicologico, lo stalking verrebbe spiegato con l’impossibilità di fronteggiare la perdita.
La persecutrice, incapace di elaborare la ferita narcisistica dell’ abbandono, si percepisce come la sola vittima della situazione e si vendica, perseguitando.
Le continue telefonate e messaggi, i comportamenti controllanti e/o aggressivi hanno anche lo scopo di mantenere un legame con la vittima, infatti per lo
stalker ( uomo o donna che sia)   è fondamentale ricevere una qualsiasi risposta emotiva da parte della vittima perchè il silenzio ( la non risposta) genera un angoscia insopportabile.

La mia esperienza come vittima di stalking
Desidero condividere con i lettori di questo blog un esperienza personale di stalking (da parte di una mia coinquilina ai tempi dell’università) per diffondere la conoscenza del fenomeno dello “stalking al femminile”.
Come molte studentesse fuori sede, dividevo l’appartamento con altre ragazze e avevo legato con C.  la mia compagna di stanza, una ragazza di qualche anno più grande di me.
Inizialmente lei mi sembrava una persona sensibile e molto sofferente per la sua difficile situazione familiare, ma con il tempo emersero degli aspetti del suo carattere inquietanti che resero la convivenza insostenibile e che mi fecero maturare la decisione di cambiare casa.
Mi trasferì in un altra casa da un giorno all’altro senza comunicarglielo e senza darle una spiegazione.
Di lì ad un paio di mesi, anche il suo ” fidanzato” la lasciò improvvisamente, senza motivare la rottura e interrompendo qualsiasi contatto con lei.
Fu allora che cominciò lo stalking : iniziai a ricevere delle telefonate accusatorie in cui C. mi incolpava di  averle rubato l’amore della sua vita, riteneva infatti che il suo “fidanzato”( un uomo sposato di 20 anni più vecchio) l’ avesse lasciata per mettersi con me.
Io reagivo a queste telefonate, cercando di tranquillizzarla e di farle capire che io non centravo nulla con la sua delusione sentimentale.
Tuttavia, niente sembrava rassicurare la mia ex coinquilina: più cercavo di calmarla, più ostile e ossessiva diventava. Mi telefonava ogni giorno, più volte al giorno per dirmi le stesse cose e ripetermi le stesse accuse infondate finchè un giorno esasperata, persi le staffe e gliene dissi di tutti i colori.
Poco tempo dopo alcune persone che conoscevo cominciarono ad evitarmi ( venni successivamente a sapere che mi aveva diffamato pesantemente presso amici e conoscenti comuni).
Non solo, aveva anche fatto una telefonata a miei genitori per informarli che avevo una relazione con un uomo sposato e molto più vecchio di me.
Io commisi l’errore di pensare che con il tempo si sarebbe calmata ma dopo qualche mese venni informata da conoscenze comuni che C. aveva tentato il suicidio, lasciando scritto sul bigliettino che si uccideva per colpa mia. Io le avevo rubato il suo grande amore, ecc.
Su consiglio dello psichiatra che la seguiva, fui persuasa ad andare a trovarla in ospedale ma lei, appena mi vide, ebbe un attacco di nervi.
Purtroppo lo stalking non ebbe termine con il tentativo di suicidio ma culminò con un aggressione fisica.

Cosa fare se si subisce stalking

Se non è possibile interrompere  i contatti  con la stalker  perchè è una collega, una vicina di casa, una parente acquisita, qualcuno che si è costretti a frequentare, è consigliabile allentare gradualmente la frequentazione.
Pian piano bisogna reintrodurre nella relazione dei limiti, sapendo che l’introduzione dei limiti genera esplosioni di rabbia nella stalker.

Nella relazione è consigliabile rimanere superficiali, mostrandosi poco empatici e parlando di luoghi comuni.
Per esperienza personale posso dire che funziona bene anche lamentarsi molto per banalità: la stalker si aspetta un sostegno incondizionato e se non trova una risposta ai suoi bisogni finisce per cercare altrove.
Tuttavia, considerata la complessità della patologia, è consigliabile chiedere l’opinione di un esperto.

A chi rivolgersi in caso di stalking?

Si può chiedere consulenza a :

www.stalking.it   ( numero verde,  attivo dalle 10,00 alle 19,00: 06 44246573, nel fine settimana 327.46.60.907)

 

 

Il presente articolo ha una valenza di carattere informativo.

Purtroppo, a causa dell'elevato numero di commenti e di lettere che ricevo tutti i giorni, non riesco a rispondere a tutti (come vorrei) e a farlo in tempi brevi. Inoltre le risposte ai commenti sono molto sintetiche, considerata anche la natura pubblica del sito web.

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By | 2014-10-06T09:43:42+00:00 2 Ottobre 2014|Borderline|4 Comments

4 Comments

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  2. Arianna 10 Settembre 2015 at 10:48 - Reply

    Anche io ho vissuto e vivo tale situazione. La ex compagna di classe con il supporto della madre e con l’alleanza di altre donne nel condominio, di cui una già in cura psichiatrica, mi hanno diffamato nel quartiere. A quanto ho potuto ricostruire la ex compagna di classe si mise in testa di scegliere e frequentare lo stesso indirizzo scolastico da me scelto, poi una volta iscritta mi ha fatto terra bruciata denigrandomi di fronte le altre compagne di scuola. Sofferente di invidia non ha mai lasciato questo percorso. Al termine del percorso scolastico pensai di essermi liberata. Niente affatto! Me la ritrovai dal medico di famiglia, e da lì anche nelle questioni di eredità di famiglia, fino ai nostri giorni. Ha insieme alla madre creato alleanze nel condominio, insieme ad una donna di un’altra famiglia dello stesso edificio la quale notoriamente “strana” mi ha fatto subire altre umiliazioni con accuse verbali e aggressione per il fatto che non faccio conoscere al condominio la mia vita privata e le mie tendenze sessuali e altre accuse irripetibili. Ho reagito con un esposto, cui lei ha risposto con un controesposto sovvertendo la verità. Sembra di vivere la stessa condizione di vittima della coppia dell’acido! Nessuno osa parlarmi. La ex compagna di classe e la donna complice, questa con l’aiuto della propria madre, sobillano il quartiere mettendo in giro la notizia di una mia possibile malattia mentale. Faccio presente che non ho testimoni, la gente si tira indietro se invitata a testimoniare e la conclusione è che poiché la ex compagna di classe fu ossessiva, rischia di diventarlo anche adesso che con il permesso di mamma si è sposata ed ha una famiglia. Secondo me io devo inchinarmi alla famiglia della ex compagna di classe la cui mentalità non differisce dai mafiosi e dai camorristi. E tutto il condominio è pronto a nascondere tali lacune mentali tra cui i suoi attacchi di panico o di aggressioni verbali o addirittura di scene di nervosismo, con cui ella vorrebbe sottomettermi. A questo punto forse è la sua tendenza sessuale e la sua ossessività psicologica a richiedere da me l’obbedienza che mi ribello di concedere. Purtroppo per loro non mi abbasso a dargliela vinta. Mi sono imposta di effettuare una vera e propria resistenza.

  3. piero 23 Novembre 2016 at 19:42 - Reply

    cazzotti in testa e sangue e cosi ti liberi

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