Come smettere di rimandare le cose e cominciare a farle

Che cos’è la procrastinazione?
“Domani smetto di fumare, la settimana prossima mi metto a dieta, da lunedì inizio a studiare per l’esame..” quante volte abbiamo fatto a noi stessi queste promesse senza riuscire a mantenerle? Gli psicologi chiamano “procrastinazione” l’abitudine di rimandare le cose da fare sempre in un altro momento.

Alcune persone hanno dei problemi di procrastinazione soltanto nei confronti di alcune attività: per esempio, possono essere delle persone efficienti e ben organizzate sul lavoro, ma essere pigre e inefficienti per quanto riguarda le pulizie di casa. Altre persone soffrono invece di procrastinazione nel senso più generalizzato del termine: la procrastinazione diventa uno stile di vita caratterizzato dall’ incapacità di rispettare impegni e scadenze.

E’ importante sottolineare che la procrastinazione cronica non è “pigrizia” ma è un modo per evitare di confrontarsi con le proprie insicurezze, paure e limiti.

Che tipo di procrastinatore sei?
Alcune ricerche psicologiche (Solomon and Rothblum, 1984) hanno individuato due tipi di procrastinatori: un procrastinatore “rilassato” e un procrastinatore “preoccupato”.

Il procrastinatore rilassato.
La caratteristica del procrastinatore “rilassato” è quella di iniziare molte cose senza portarne a termine nessuna.
Il procrastinatore “rilassato” può avere un energia inesauribile per fare le cose che gli piacciono, ma tende a rimandare all’ infinito i compiti noiosi, pesanti o sgradevoli.
Questo tipo di procrastinatore vuole tutto e subito:  inizia un nuovo progetto con grande entusiasmo
ma, una volta svanito il fascino della novità, tende a stancarsi facilmente e a desistere.
Nei casi più gravi, il procrastinatore” rilassato” fa fatica a trovare la sua strada nella vita: saltella da un lavoro all’altro o all’ altro o da una relazione all’ altra senza riuscire ad impegnarsi in niente.
Questo tipo di procrastinatore dovrebbe lavorare sull’autodisciplina, imparando a fare le cose anche se non ha voglia o non è dell’umore giusto.
L’incapacità di confrontarsi con i limiti è un aspetto centrale di questa problematica: il procrastinatore rilassato tende a prendere più impegni di quanto non riesca a gestire o a buttarsi in progetti al di là della sua portata.
Chi soffre di procrastinazione rilassata dovrebbe imparare a porsi degli obiettivi piccoli ma realistici e a rispettarli con determinazione.

Il procrastinatore preoccupato.
Il  procrastinatore “preoccupato” manca di fiducia in se stesso e nelle proprie capacità, ha scarse doti organizzative e non sopporta lo stress. Alla base del suo procrastinare ci sono una serie di paure, timori e convinzioni irrazionali.
Il procrastinatore preoccupato dovrebbe imparare ad agire anche se non si sente pronto, superando il perfezionismo e la paura dell’insuccesso che lo contraddistinguono e che lo spingono a rimandare l’azione ad un momento più favorevole (che potrebbe anche non arrivare mai).

Superare la procrastinazione: alcuni consigli pratici

Esercita la tua forza di volontà

La forza di volontà è come un muscolo: meno l’esercitiamo e più diventadebole. Ogni volta che rimandiamo un compito difficile o sgradevole, la nostra tendenza alla procrastinazione si rafforza.
E la prossima volta sarà più difficile vincere la pigrizia o l’ansia e affrontare le nostre responsabilità. Ma è vero anche il contrario: ogni volta che facciamo quello che dobbiamo fare, la nostra forza di volontà aumenta e con il tempo i nostri obblighi ci peseranno sempre meno.

Fissati degli obiettivi modesti.

Se hai un serio problema di procrastinazione, non aspettarti di risolverlo da un giorno all’altro ma comincia con poco. Se per esempio, uno dei tuoi obiettivi è quello di migliorare la tua forma fisica ma detesti lo sport, puoi iniziare con 10 minuti di ciclette in casa. Con il tempo, quando questa sarà
diventata un abitudine, potrai aumentare gradualmente il tempo da dedicare gli esercizi.

Associa un compito noioso o sgradevole con qualcosa di piacevole. Per esempio, se sei pigro e non ami il movimento, ma adori la musica , fare attività fisica diventerà più gradevole con un sottofondo musicale.

Impara a premiarti. Se hai un problema di procrastinazione, devi imparare premiarti ogni volta che raggiungi un obiettivo, per quanto piccolo sia. Per esempio, se hai studiato per tre ore, è giunto il momento di fare una pausa, guardando il tuo telefilm preferito o facendo un attività che ti piace. Se sei
stato dal dentista, premiati, facendo shopping o un’altra cosa a te gradita.

Stabilisci una routine

E’ più facile prendere una buona abitudine, facendo sempre la stessa cosa allo stesso orario (per esempio rifare il letto dopo colazione).In alternativa , stabilisci dei giorni fissi per fare delle cose che
solitamente rimandi, per esempio, se il tuo problema riguarda i lavori domestici  potresti organizzarti così:lunedì giorno di bucato, martedì si fa la spesa, mercoledì si stira e così via.

Fatti aiutare da un amico che non ha un problema di procrastinazione. Fare le cose con qualcuno è un metodo eccellente per combattere la procrastinazione in qualsiasi area della vita si manifesti (dallo studiare per un esame all’uscire e conoscere gente).

Sviluppa le tua capacità, mettendoti alla prova.

Molti procrastinatori si astengono dal prendere delle decisioni importanti o dall’impegnarsi in qualcosa, perché non hanno ancora capito chi sono e cosa vogliono dalla vita.
Il pericolo è quello di vivere una vita passiva nell’attesa di capire la propria ”vocazione”.
E’ importante, invece, capire che spesso è vero l’inverso: è facendo che si diventa capaci di fare e sperimentando che si capisce la propria strada.

 

Dottoressa Anna Zanon

Il presente articolo ha una valenza di carattere informativo.

Purtroppo, a causa dell'elevato numero di commenti e di lettere che ricevo tutti i giorni, non riesco a rispondere a tutti (come vorrei) e a farlo in tempi brevi. Inoltre le risposte ai commenti sono molto sintetiche, considerata anche la natura pubblica del sito web.

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By | 2012-10-04T08:29:28+00:00 11 Maggio 2011|Lavoro e Studio, Migliorare se stessi|9 Comments

9 Comments

  1. giuseppe 14 Luglio 2011 at 22:17 - Reply

    Salve Dottoressa Zanon, sono al 2nd anno di economia ma ho una sorta di nausea da studio… come se quello che stessi studiando non m’interessasse molto… cosa dovrei cercare di fare in concreto per trovare ciò di cui davvero sono appassionato e capace per avere successo e stare bene con me stesso nella vita???

    • Anna Zanon 15 Luglio 2011 at 09:56 - Reply

      Buongiorno, lei mi fa una domanda veramente impegnativa a cui non si può rispondere cosi semplicemente e senza conoscere nulla di lei e della sua situazione.
      Diciamo che il suo caso non mi sembra un caso di procrastinazione quanto una mancanza di motivazione dovuta al fatto che ha scelto una facoltà che non le interessa.
      Forse ha scelto economia e commercio soltanto pensando agli sbocchi professionali senza considerare i suoi interessi e le sue attitudini.
      Provi a chiedersi quali sono i suoi interessi: c’è qualcosa che le piace fare? Quali sono le sue motivazioni nella vita? Che attitudini ha? Qual’è il suo carattere?
      Provi a chiedere consiglio a delle persone che la conoscono bene..

  2. Vale 1 Settembre 2011 at 17:40 - Reply

    Salve dottoressa, sono una ragazza di 22 anni e credo proprio di avere un grande problema di procrastinazione. Non riesco mai a portare a termine niente, la maggior parte delle volte neanche a cominciarlo, rimando tutto all’infinito rendendomi perfettamente conto di sbagliare, ma pur sapendo di sbagliare continuo a farlo. Un esempio può essere lo studio (mi prendo sempre all’ultimo giorno e poi pratico il famoso sport del “salto dell’appello”), ma potrei dire la stessa cosa di tutto il resto, dalle piccole cose alle più importanti. Non ho concentrazione sulle cose, non riesco a leggere una riga senza perdermi altrove con la testa e credo di avere un rifiuto per tutto ciò che è fatica; se devo affrontare qualcosa scaccio il pensiero e faccio finta che non esista (“almeno per oggi”, mi dico). Infatti mi sono sempre definita pigra cronica, ma lei dice che procrastinazione e pigrizia sono due cose diverse, quindi mi chiedevo quale potesse essere il mio caso e quali siano esattamente le differenze. Mi pare che non abbia parlato di mancanza di concentrazione su questo articolo, possono essere collegate le due cose? Questo mio modo di essere mi fa star male perchè vedo la vita passarmi davanti e mi rendo conto che non la sto vivendo, avrei (forse) le capacità per fare un sacco di cose ma le lascio sfuggire (“è intelligente ma non si applica” dicevano i professori a mia madre, e le cose non sono mai cambiate). Vorrei uscirne perchè sono stufa di questa condizione, vorrei vivere la mia vita, ma ogni volta che penso a cambiarla poi mi ritrovo al punto di partenza perchè resta tutto solo teoria e niente pratica. Credo che pur avendo letto tutti i consigli che ha dato, proprio per il mio modo di essere, non sarei in grado in ogni caso di seguirli perchè mi blocco ancora prima di cominciare e questo mi demoralizza ancora di più…
    Grazie.

    • Anna Zanon 28 Settembre 2011 at 09:59 - Reply

      Buongiorno, penso che nel suo caso le sarebbe utile una terapia psicologica per capire e affrontare il suo problema di procrastinazione.

  3. Agata 2 Novembre 2014 at 09:49 - Reply

    Salve dottoressa,
    Mi chiamo Agata, sono di Napoli, fra qualche mese compio 35 anni.
    Sono delusa della mia vita dal punto di vista professionale. A 19 anni mi sono iscritta, dopo il liceo classico, in giurisprudenza pensando di coronare il sogno della mia vita diventando un magistrato. Anzi, ad essere più precisi, speravo di diventare pubblico ministero antimafia. Non ho mai sopportato le ingiustizie e le prepotenze nei confronti dei più deboli. A 25 anni riesco finalmente a diventare dottoressa in legge. Essendo richiesto un titolo ulteriore per partecipare al concorso di uditore giudiziario (che sarebbe il magistrato tirocinante per due anni, prima di divenire pienamente titolare della funzione giudiziaria), di conseguenza continuo il mio percorso di studi iscrivendomi alla scuola biennale di specializzazione nelle professioni legali; nel contempo svolgo il biennio di pratica forense presso uno studio legale di una mia amica. Riesco finalmente, nell’inverno di 6 anni fa, a quasi 29 anni a partecipare al concorso della mia vita. Purtroppo non risulto idonea alla prova scritta. E’ stato un fallimento, ma ciò che mi ha ferito di più sono state le irregolarità nella organizzazione del concorso viste da noi partecipanti e denunciate pure dalla stampa. Al secondo giorno della prova scritta, nonostante i rigorosi controlli di polizia e personale amministrativo, sono stati trovati dai membri della commissione d’esame, ben 50 codici vietati, cioè commentati con giurisprudenza e dottrina, mentre per legge sono ammessi solo i codici contenenti solo i testi di legge. Ciò che ho trovato più raccapricciante è stata l’apposizione del timbro da parte dei funzionari del ministero della giustizia (non merita il maiuscolo). Quindi costoro per mettere il loro timbro (necessario per utilizzarli nelle prove scritte) sui codici dei comuni mortali come me, li giravano e rigiravano fino a strapparli, controllavano anche se ci fossero delle sottolineature o degli appunti scritti tra una pagina e l’altra; mentre per coloro che necessariamente dovevano essere pilotati al posto assegnato niente di tutto questo. Può ben capire che mi sono sentita una fallita. Ho iniziato a fare seriamente un bilancio della mia vita, apparendomi tutto all’improvviso dolorosamente sbagliato. Ho visto come inutile tutto il tempo e i sacrifici spesi nei libri. Ho iniziato a pensare che se mi fossi indirizzata in medicina avrei avuto più soddisfazioni morali, come una mia ex compagna di classe che è contentissima di fare la ginegologa.
    Meno male che mio marito mi ha aiutato a superare il brutto periodo di stress, così dopo sei mesi, di procrastinazione quotidiana, ho ripreso a studiare e ho superato lo scritto dell’esame di avvocato l’anno dopo e l’anno dopo ancora l’esame orale per potermi iscrivere all’albo professionale. Dopo quasi dieci mesi ho avuto un figlio, Antonio, che ora ha da poco compiuto 3 anni.
    Nonostante la realizzazione in campo familiare, non mi piace fare l’avvocato( che è solo un difensore degli interessi dell’individuo che lo incarica), che non ha il senso di indipendenza e libertà del magistrato che lotta per la giustizia, per gli ideali che costruiscono una società migliore.
    Ho questo rimpianto di non essere riuscita a superare il concorso della mia vita. Vorrei riprendere a studiare, ho ancora altri due tentativi da giocarmi, ma ogni volta rinvio pensando al fallimento, ai trucchi concorsuali, al dispiacere e all’inutilità dei costi e della fatica da affrontare per riprendere a studiare i grossi manualoni.
    Questo desiderio irrealizzato mi fa soffire, mi scoraggia quando dovrei iniziare a immergermi nello studio, penso di sottrare tempo libero alla famiglia e all’affinamento delle mie competenze nella professione forense, ma dall’altro lato non riesco a sopprimerlo dentro di me, pensando di aver dato un giorno futuro, un cattivo esempio a mio figlio, per essermi arresa a un’ingiustizia perpretata dal ministero della giustizia, a non averci provato più per mancanza di buona volontà.

    • Anna Zanon 6 Novembre 2014 at 10:17 - Reply

      Gentile Agata, le rispondo molto volentieri perchè dieci anni fa, quando avevo la sua età, avrei potuto scrivere una lettera quasi uguale alla sua.
      Il mio percorso professionale è stato molto travagliato: anch’io, come molti laureati, ho passato una lunghissima fase in cui mi destreggiavo tra concorsi truccati, collaborazioni mal pagate e gratuite (con la promessa di un assunzione che non si concretizzava mai).
      Un tunnel durato molti anni in cui sembrava di non vedere mai una luce, con la sensazione di aver sbagliato tutto, di essere una fallita dal punto di vista professionale, con la rabbia di essere precaria ad un età più che adulta.
      Ad un certo punto ero così scoraggiata che ho mollato tutto, ho rinunciato alle mie ambizioni professionali e mi sono trovata un lavoro qualsiasi per circa 1 anno.
      Guardando la mia vita in retrospettiva, le soddisfazioni sono arrivate poi ( tardi ma sono arrivate!) ho capito che è stato lo scoraggiamento a rendere tutto così difficile e pesante.
      Il mondo del lavoro in Italia è purtroppo così, bisogna trovare la propria nicchia..ma mai perdere la speranza, mai darsi per vinti, mai smettere di cercare di migliorare la propria situazione.
      Le fantasticherie su come avrebbe potuto essere migliore la propria vita se solo si avessero fatto scelte diverse alimentano solo la depressione e sono totalmente inutili.
      Io credo che nella vita di tutti ci sia un disegno, ( naturalmente è solo una mia opinione personale) e che spesso anche i cosidetti ” errori”, le deviazioni del percorso, le occasioni mancate alla fine possano rivelarsi delle occasioni.
      Nel suo caso, lei ha avuto più tempo da dedicare a suo figlio, magari se avesse avuto una carriera impegnativa avrebbe rimandato la gravidanza senza forse riuscire poi a concepire.
      Coraggio: tra qualche anno mi riscriverà tutt’altre cose..

  4. Agata 6 Novembre 2014 at 11:12 - Reply

    La ringrazio tantissimo per la comprensione e l’incoraggiamento.
    Dal tunnel ci sarà l’uscita.
    Ha ragione quando affema che le fantasticherie alimentano la depressione e sono inutili.
    Ho bisogno di accettare il disegno della mia vita e riuscire a vedere anche la parte piena del bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno.
    Cordiali saluti.

  5. Cinzia 13 Novembre 2019 at 12:33 - Reply

    Buongiorno dottoressa,
    mi ritrovo molto in ciò che ha scritto. In terza liceo cominciai a soffrire di depressione (terminata con l’aiuto di una psichiatra solo due anni dopo).
    In quei due anni feci mediamente 80 giorni d’assenza all’anno. I compiti in classe mi mettevano ansia e così non mi ci presentavo: la situazione è diventata sempre più cronica, il mio umore era totalmente a terra, avevo pensieri suicidi, soffrivo d’insonnia, dca ed altre cose. Quando cominciai il quinto anno decisi di affrontarlo diversamente ed infatti (nonostante persi circa un mese per un incidente) mi diplomai con il massimo dei voti. I miei professori mi diedero una grossa fiducia – ero tornata la “più brava della classe” – e questo mi portò ad avere buoni risultati.
    Ho sempre amato studiare così ho deciso di iscrivermi a una triennale di filosofia (avrei voluto fare psicologia, ma sentivo di non aver ancora raggiunto una certa maturità emotiva) perché il piano di studi ti permetteva di spaziare fra varie materie (ho inserito tre esami di psicologia, storia dell’arte e altre cose che mi sono sempre interessate molto).

    Il primo anno andò abbastanza bene: andavo a lezione, studiavo, davo esami e li superavo con voti alti, tuttavia verso aprile/maggio fui bocciata ad un esame e da lì il mio umore degenerò completamente: cominciai a sentirmi una fallita e mi identificai nel fallimento. Diedi l’esame più avanti e lo superai con un buon voto, ma questo non bastò a ridarmi fiducia, anzi.
    Nello stesso periodo successero altre cose che hanno contribuito a farmi cadere in un’altra depressione, durata circa un anno (ho sospeso gli psicofarmaci questo giugno).

    Nel primo periodo andavo a lezione ma mi sentivo totalmente alienata, avevo smesso di mangiare, mi allenavo tre volte al giorno e se provavo a studiare non riuscivo ad essere abbastanza concentrata. A volte addirittura mi capitava di arrivare davanti all’aula e di tornare a casa perché mi vedevo “orribile” e per altre motivazioni assurde (il colmo? Mi hanno sempre detto che sono una bellissima ragazza, ma io ho sempre avuto complessi enormi, al punto che non volevo più uscire di casa ed essere “vista”).

    Cominciai così a non andare nemmeno più a lezione. Passavo le giornate in casa spesso a letto senza mangiare, avevo perso tutti gli interessi.
    Una mattina andai dal mio dottore e notando la considerevole perdita di peso mi mandò da un’altra psichiatra. Cominciai così a prendere psicofarmaci e cominciai una terapia che decisi di sospendere quando – con il ritorno del “buon umore” – cominciai ad essere più propositiva e in grado di far fronte ai “problemi”.

    In questo anno e mezzo di psicofarmaci però ho ripreso tutto il peso perso con gli interessi (ero felice, avevo smesso di contare le calorie e di allenarmi tre volte al giorno), ho dato solo due o tre esami, ma nel mentre facevo una scuola privata di fotografia e lavoravo. (Lavoro che faccio anche ora e che per fortuna – per il momento – non mi causa particolare ansia o malessere).

    Mi ritrovo adesso con molti esami da dare e molti kg da perdere. Il mio fidanzato mi ha fatto pesare moltissimo questa condizione nell’ultimo anno e ha coronato il tutto tradendomi per tre mesi. Le sue frasi erano “sei bella, ma saresti bellissima se risistemassi il fisico”, oppure una volta davanti a una pasticceria mi disse “ti ci porterei, ma finché sei in questa condizione…”.

    La verità è che ho passato un anno di rifiuto verso la palestra e verso l’ossessione per le calorie e sono passata all’estremo opposto: non contavo più le calorie e mi capitava anche di mangiare a caso. In più ho fatto due cicli di cortisone in cui ho preso in 3 mesi circa 15 kg. Anche in quel caso rimandavo l’inizio di una dieta vera e propria e andavo in palestra con molta meno voglia e motivazione.

    Il fatto è che lotto tutta la vita col peso e col mio corpo e vedermi fallire costantemente ero arrivata ad un punto in cui non avevo più fiducia in me. Adesso ci sto riprovando a perdere peso, ma sicuramente ho un approccio più rilassato e non sono sempre costante. Non ho più la motivazione degli anni passati. Forse perché temo che una volta tornata al peso “ideale” non sia in grado di mantenerlo.

    Con l’università idem: ho ripreso a studiare, anche se mi è difficile lavorando 5/7 giorni, ho momenti di sconforto e momenti in cui sento di aver sbagliato strada (l’idea di fare psicologia è una costante, ma finché non risolvo i miei problemi di ansia ecc. sento di non potercela fare). Ma mi sento in dovere di finirla anche nei confronti di mio padre che comunque mi ha mantenuta nel primo periodo.

    Oltre a questo non riesco nemmeno a lasciare il mio fidanzato, seppur riconosca che sia un rapporto malato. Lui è il classico narcisista ed io ho una dipendenza affettiva.

    Ha consigli a riguardo? Un passo alla volta? Penso che il problema principale sia la mancanza di fiducia in me stessa. Anche l’ansia è una costante nella mia vita ed anche la paura del fallimento. Una volta andai di proposito a farmi bocciare a un esame per dire a me stessa che non sarebbe successo nulla. C’è una lotta fra la me razionale e quella irrazionale. A livello razionale credo di avere capito molte cose tuttavia non riesco a progredire e ogni anno che passa sono sempre ferma sugli stessi punti.

    La ringrazio di cuore se mi risponderà!
    C.

    • Anna Zanon 15 Novembre 2019 at 10:42 - Reply

      Cara Cinzia, non sarebbe professionale da parte mia darle un consiglio su una situazione delicata basandomi solo su un post on line. L’unico consiglio che mi sento di darle è di iniziare un percorso psicoterapeutico che l’aiuti a stare meglio. Anche se lei ha delle buone risorse ed è riuscita a capire e a superare molte cose, ritengono che l’autoanalisi non sia sufficiente nel suo caso. Ansia e depressione e disturbi dell’alimentazione non nascono in un vuoto e non vengono dal nulla, sono la spia di un disagio più profondo. Chissà forse c’è qualche evento del suo passato che l’ha traumatizzata? Penso che il rapporto con il suo fidanzato narcisista rinforzi molto le sue problematiche, facendola sentire brutta, grassa, inadeguata e non meritevole d’amore.
      Credo invece che sia giusta la sua decisione di avere un approccio alla dieta più rilassato: la troppa rigidità e il perfezionismo portano poi agli eccessi e alla mancanza di controllo nella dieta come nella vita.

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